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MOSTRA Il patrimonio recuperato. Due vasi del pittore di Amykos e la produzione figurativa del Metapontino
Testo del comunicato
La restituzione alla Basilicata di due straordinari vasi (nestorides) provenienti dal Museum of Fine Arts di Boston offre l’occasione per alcune riflessioni di carattere generale sulla più antica produzione di ceramica a figure rosse dell’Italia meridionale, in particolare del Metapontino, sui risultati delle recenti ricerche archeologiche e sulle condizioni attuali del patrimonio archeologico regionale.
Il materiale rientrato in Italia è stato trafugato in anni passati da un contesto archeologico della regione, molto probabilmente da uno o più complessi funerari scavati in maniera clandestina. Lo conferma l’ottimo stato di conservazione dei due vasi, privi di lacune e integrazioni. Il riconoscimento ed il successivo recupero si devono all’intensa e lunga attività investigativa dei Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale e all’efficace azione diplomatica svolta dai vertici del Ministero per i Beni e le Attività Culturali. L’operazione congiunta ha consentito il rientro in Italia, anche a seguito di accordi di collaborazione internazionale, di altre sessantacinque opere conservate a Boston ed in altri musei americani.
L’esposizione proposta nel Museo Archeologico Nazionale ‘Dinu Adamesteanu’ di Potenza segue quelle già organizzate nelle sale del Museo Nazionale Romano di Palazzo Massimo a Roma, a Ferrara, a Torino e a Napoli.
I due vasi sono attribuiti al Pittore di Amykos, uno dei più importanti e prolifici ceramografi italioti della prima generazione. La sua attività si sviluppa principalmente a Metaponto nel corso della seconda metà del V secolo a.C., momento in cui inizia in molte città della Magna Grecia una specifica produzione vascolare nella tecnica a figure rosse che sostituisce sui mercati meridionali, specialmente dei centri italici, l’importazione dei coevi manufatti ateniesi. Il nome, del tutto convenzionale, deriva dalla scena della punizione di Amykos, rappresentata su un vaso attribuito al Pittore. La sua produzione vanta più di 230 vasi conservati nei maggiori musei archeologici nazionali ed internazionali e provenienti dalle zone indigene prossime alle città della costa ionica, ma anche da aree piuttosto lontane, come Capua, Spina e Marzabotto.
Il Pittore di Amykos è considerato un diretto discepolo del Pittore c.d. di Pisticci, il capostipite del gruppo protolucano, da molti ritenuto di probabile provenienza e formazione greca. Entrambi hanno operato a Metaponto. Il Pittore di Amykos riflette più direttamente lo stile austero del maestro nel trattamento delle figure umane. Le frequenti scene d’inseguimento amoroso e di carattere dionisiaco mostrano immagini femminili slanciate e rigide nel loro abbigliamento. Non mancano nel suo repertorio scene più complesse ispirate dalla mitologia greca e dal teatro tragico contemporaneo. Infatti, le allusioni al mito degli Argonauti sull’hydria eponima raffigurante la cattura di Amykos e sul cratere a volute della “Collezione Jatta” di Ruvo di Puglia, con la liberazione di Fineo dalle Arpie per opera dei Boreadi, ricordano la fortuna della Medea euripidea, in scena proprio in quegli anni. Dello stesso Euripide è la tragedia Eolo, da cui viene preso in prestito il tema rappresentato sull’hydria rinvenuta a Canosa: il suicidio di Canace.
Sul vaso (409446), ritenuto dal Trendall una delle prime nestorides del Pittore di Amykos, compare la rappresentazione di un guerriero osco con copricapo tipico dell’abbigliamento lucano. La seconda nestoris (409445), attribuibile invece ad una fase successiva della sua esperienza artistica, tradisce una maggiore influenza della coeva scuola tarantina, per la maestosità delle forme vascolari e per la complessità della composizione decorativa. Dal punto di vista morfologico, proprio la nestoris sembra rappresentare uno degli esiti più suggestivi del dialogo tra le forme indigene, in questo caso la “trozzella” messapica, e la tradizione tecnica e decorativa greca, a conferma dell’importante ruolo svolto dalle comunità italiche nel determinare le produzioni delle numerose officine delle città greche della costa ionica.
Attraverso l’esposizione di alcuni tra i più importanti prodotti dell’officina di questo Pittore, rinvenuti nei siti indagati della Basilicata e restaurati di recente, viene infine ricostruito il percorso delle scelte tecniche dell’artigiano ceramografo. La sua predilezione per realizzazioni sempre più imponenti sembra condizionata, più che da una vera e propria “maturazione artistica”, dal mercato sempre più indirizzato alla monumentalità ed allo sfarzo. Non si deve infatti trascurare il fatto importante che i vasi figurati abbiano avuto una destinazione prevalentemente funeraria. Le immagini esprimono, pertanto, un linguaggio collettivo, sono simboli funzionali alla rappresentazione sociale delle comunità, al riconoscimento delle gerarchie, al consolidamento del potere delle aristocrazie. In questo modo le colonie greche della costa diventano i centri di maggiore produzione dei vasi figurati, dove s’inventano e si elaborano modelli iconografici e culturali in grado di influenzare e determinare i comportamenti, anche politici, delle comunità indigene. I più importanti ceramografi della scuola protolucana hanno infatti operato nelle officine presenti nelle colonie greche di Metaponto ed Herakleia-Policoro. Alcune di esse sono state riconosciute durante gli scavi condotti all’interno dell’area urbana di Metaponto, nel quartiere ceramico ubicato a ridosso delle mura del lato settentrionale della città.
Accanto all’alto valore simbolico dell’operazione e all’importanza delle opere restituite, la mostra intende quindi sottolineare il ruolo, non solo tecnologico, svolto dall’artigianato delle colonie greche, nell’interpretare i comportamenti delle comunità indigene e nel soddisfarne i bisogni sociali di rappresentazione.
Museo Archeologico Nazionale della Basilicata “Dinu Adamesteanu”
Palazzo Loffredo
Via Andrea Serrao, 1 – Potenza
Inaugurazione: 14 aprile ore 17.30
Tel. 0971 323111 - Fax 0971 323261
sba-bas@beniculturali.it - www.archeobasi.it
Promossa dalla Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Basilicata, Soprintendenza per i Beni Archeologici della Basilicata
Il materiale rientrato in Italia è stato trafugato in anni passati da un contesto archeologico della regione, molto probabilmente da uno o più complessi funerari scavati in maniera clandestina. Lo conferma l’ottimo stato di conservazione dei due vasi, privi di lacune e integrazioni. Il riconoscimento ed il successivo recupero si devono all’intensa e lunga attività investigativa dei Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale e all’efficace azione diplomatica svolta dai vertici del Ministero per i Beni e le Attività Culturali. L’operazione congiunta ha consentito il rientro in Italia, anche a seguito di accordi di collaborazione internazionale, di altre sessantacinque opere conservate a Boston ed in altri musei americani.
L’esposizione proposta nel Museo Archeologico Nazionale ‘Dinu Adamesteanu’ di Potenza segue quelle già organizzate nelle sale del Museo Nazionale Romano di Palazzo Massimo a Roma, a Ferrara, a Torino e a Napoli.
I due vasi sono attribuiti al Pittore di Amykos, uno dei più importanti e prolifici ceramografi italioti della prima generazione. La sua attività si sviluppa principalmente a Metaponto nel corso della seconda metà del V secolo a.C., momento in cui inizia in molte città della Magna Grecia una specifica produzione vascolare nella tecnica a figure rosse che sostituisce sui mercati meridionali, specialmente dei centri italici, l’importazione dei coevi manufatti ateniesi. Il nome, del tutto convenzionale, deriva dalla scena della punizione di Amykos, rappresentata su un vaso attribuito al Pittore. La sua produzione vanta più di 230 vasi conservati nei maggiori musei archeologici nazionali ed internazionali e provenienti dalle zone indigene prossime alle città della costa ionica, ma anche da aree piuttosto lontane, come Capua, Spina e Marzabotto.
Il Pittore di Amykos è considerato un diretto discepolo del Pittore c.d. di Pisticci, il capostipite del gruppo protolucano, da molti ritenuto di probabile provenienza e formazione greca. Entrambi hanno operato a Metaponto. Il Pittore di Amykos riflette più direttamente lo stile austero del maestro nel trattamento delle figure umane. Le frequenti scene d’inseguimento amoroso e di carattere dionisiaco mostrano immagini femminili slanciate e rigide nel loro abbigliamento. Non mancano nel suo repertorio scene più complesse ispirate dalla mitologia greca e dal teatro tragico contemporaneo. Infatti, le allusioni al mito degli Argonauti sull’hydria eponima raffigurante la cattura di Amykos e sul cratere a volute della “Collezione Jatta” di Ruvo di Puglia, con la liberazione di Fineo dalle Arpie per opera dei Boreadi, ricordano la fortuna della Medea euripidea, in scena proprio in quegli anni. Dello stesso Euripide è la tragedia Eolo, da cui viene preso in prestito il tema rappresentato sull’hydria rinvenuta a Canosa: il suicidio di Canace.
Sul vaso (409446), ritenuto dal Trendall una delle prime nestorides del Pittore di Amykos, compare la rappresentazione di un guerriero osco con copricapo tipico dell’abbigliamento lucano. La seconda nestoris (409445), attribuibile invece ad una fase successiva della sua esperienza artistica, tradisce una maggiore influenza della coeva scuola tarantina, per la maestosità delle forme vascolari e per la complessità della composizione decorativa. Dal punto di vista morfologico, proprio la nestoris sembra rappresentare uno degli esiti più suggestivi del dialogo tra le forme indigene, in questo caso la “trozzella” messapica, e la tradizione tecnica e decorativa greca, a conferma dell’importante ruolo svolto dalle comunità italiche nel determinare le produzioni delle numerose officine delle città greche della costa ionica.
Attraverso l’esposizione di alcuni tra i più importanti prodotti dell’officina di questo Pittore, rinvenuti nei siti indagati della Basilicata e restaurati di recente, viene infine ricostruito il percorso delle scelte tecniche dell’artigiano ceramografo. La sua predilezione per realizzazioni sempre più imponenti sembra condizionata, più che da una vera e propria “maturazione artistica”, dal mercato sempre più indirizzato alla monumentalità ed allo sfarzo. Non si deve infatti trascurare il fatto importante che i vasi figurati abbiano avuto una destinazione prevalentemente funeraria. Le immagini esprimono, pertanto, un linguaggio collettivo, sono simboli funzionali alla rappresentazione sociale delle comunità, al riconoscimento delle gerarchie, al consolidamento del potere delle aristocrazie. In questo modo le colonie greche della costa diventano i centri di maggiore produzione dei vasi figurati, dove s’inventano e si elaborano modelli iconografici e culturali in grado di influenzare e determinare i comportamenti, anche politici, delle comunità indigene. I più importanti ceramografi della scuola protolucana hanno infatti operato nelle officine presenti nelle colonie greche di Metaponto ed Herakleia-Policoro. Alcune di esse sono state riconosciute durante gli scavi condotti all’interno dell’area urbana di Metaponto, nel quartiere ceramico ubicato a ridosso delle mura del lato settentrionale della città.
Accanto all’alto valore simbolico dell’operazione e all’importanza delle opere restituite, la mostra intende quindi sottolineare il ruolo, non solo tecnologico, svolto dall’artigianato delle colonie greche, nell’interpretare i comportamenti delle comunità indigene e nel soddisfarne i bisogni sociali di rappresentazione.
Museo Archeologico Nazionale della Basilicata “Dinu Adamesteanu”
Palazzo Loffredo
Via Andrea Serrao, 1 – Potenza
Inaugurazione: 14 aprile ore 17.30
Tel. 0971 323111 - Fax 0971 323261
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Promossa dalla Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Basilicata, Soprintendenza per i Beni Archeologici della Basilicata
© 2021 MiC - Pubblicato il 2020-10-27 22:27:17 / Ultimo aggiornamento 2020-10-27 22:27:17