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Lettera del Ministro Bondi al professor Panebianco
Testo del comunicato
Effettivamente i Ministri dell’Istruzione e della Cultura si muovono in un territorio per così dire nemico e doppiamente accidentato. Da un lato, la persistenza per lo meno a livello corporativo di un’antica egemonia di sinistra, dall’altro l’impostazione statalista del finanziamento dell’istruzione e della cultura. C’è da aggiungere che siamo stati costretti a muoverci in un territorio nemico, come direbbe Eliot, in equipaggiamento logoro, poiché l’armamentario a nostra disposizione (leggi e regolamenti) è sempre inadeguato per le sfide che ci sono proposte. Oltretutto lo scontro si è inasprito a seguito della crisi economica che impone a tutti dei sacrifici. In qualche modo, tuttavia, la crisi rappresenta un’opportunità, un’occasione per affrontare alla radice il problema del rapporto tra l’attività culturale e il finanziamento dello Stato.
Per quanto riguarda il taglio ventilato agli istituti di cultura, sto mettendo a punto proprio in questi giorni un piano di emergenza che salvaguardi e tuteli le eccellenze culturali che non possono essere mortificate per continuare a distribuire finanziamenti a pioggia e in tutte le direzioni. A questo scopo presenterò per il futuro una nuova disciplina per la concessione dei contributi pubblici, che sia trasparente e consenta di premiare poche istituzioni di grande prestigio, le cui performance culturali siano valutabili anche in una dimensione economicamente sostenibile. Come succede nei paesi anglosassoni, l’istituzione riceverà dallo Stato finanziamenti crescenti in rapporto alla capacità di attrarre capitali privati. E’ ovvio che è impensabile che la cultura regga nel mercato senza alcun sostegno ed è giusto che il valore vada misurato soprattutto con parametri non economici, ma trovo insensato come succede oggi che quanto più un’istituzione perde tanto più il disavanzo venga coperto dallo Stato. Un sistema oggi non solo insostenibile dal punto di vista economico, ma a mio parere perfino immorale.
Chi voglia giudicare senza pregiudizi il mio operato, si accorgerà che questo pensiero informa con coerenza tutte le riforme che sto cercando di rendere definitive: diminuzione del peso sullo Stato della cultura; passaggio dal finanziamento diretto a quello indiretto (defiscalizzazione); conseguente diminuzione del potere della politica sulla cultura; valorizzazione del nostro patrimonio; coinvolgimento maggiore dei privati e degli enti locali.
In questo senso va la creazione di una nuova Direzione per la Valorizzazione affidata ad un manager come Mario Resca che sta dando i primi frutti in termini di aumento dei visitatori nei nostri musei e in termini di nuove regole per la gestione dei servizi aggiuntivi. Tra poco si terranno le nuove gare d’appalto che dovrebbero allargare il numero di operatori in competizione tra loro e quindi anche i servizi per il pubblico (biglietterie, bar, bookshop…), nonché gli introiti che saranno poi messi a disposizione della conservazione del nostro patrimonio storico e artistico.
In questo senso va la riforma degli enti lirici, enti dal punto di vista della spesa completamente fuori controllo e con un passivo totale accumulato in questi anni preoccupante. Nonostante le falsità che vengono diculgate e i proclami di battaglia nonché gli scioperi irresponsabili di questi giorni, come se la lirica fosse l’ultimo ridotto del sindacalismo più reazionario e lontano dalla realtà, chiunque conosca questo settore sa perfettamente che se non avessimo votato questa riforma, i teatri lirici sarebbero stati destinati al fallimento e questo malgrado ogni anno vengano sostenuti con centinaia di milioni di euro tra finanziamenti statali, locali e privati. E malgrado il costo di accesso per il pubblico rimanga a volte proibitivo.
In questo senso va la riforma del finanziamento al cinema che in passato è stato concepito come un meccanismo o per dare prebende ad amici e compagni, o per mantenere un controllo di tipo politico sul settore. Entrambe le finalità mi sono estranee, e a costo di limitare il potere della politica o la giusta discrezionalità che ad essa compete, presenterò a breve a una riforma che da un lato limita il finanziamento diretto solo alle opere prime, giustamente da incoraggiare e sostenere, contestualmente abolisce le commissioni ministeriali, dall’altro introduce il tax credit e il tax shelter, cioè un sistema di finanziamento indiretto attraverso la defiscalizzazione che premia chi è in grado di attrarre capitali privati e che non impone nessuna forma di “controllo” politico.
Per concludere, condivido l’analisi di Panebianco anche quando sostiene che in Italia le classi dirigenti esterne alla politica devono ritrovare coscienza del proprio ruolo e della responsabilità sociale che compete loro e assumersi il peso anche della cultura, il cui sostegno e indirizzo non deve essere demandato totalmente allo Stato che dovrebbe invece intervenire solo in via sussidiaria.
Per quanto riguarda il taglio ventilato agli istituti di cultura, sto mettendo a punto proprio in questi giorni un piano di emergenza che salvaguardi e tuteli le eccellenze culturali che non possono essere mortificate per continuare a distribuire finanziamenti a pioggia e in tutte le direzioni. A questo scopo presenterò per il futuro una nuova disciplina per la concessione dei contributi pubblici, che sia trasparente e consenta di premiare poche istituzioni di grande prestigio, le cui performance culturali siano valutabili anche in una dimensione economicamente sostenibile. Come succede nei paesi anglosassoni, l’istituzione riceverà dallo Stato finanziamenti crescenti in rapporto alla capacità di attrarre capitali privati. E’ ovvio che è impensabile che la cultura regga nel mercato senza alcun sostegno ed è giusto che il valore vada misurato soprattutto con parametri non economici, ma trovo insensato come succede oggi che quanto più un’istituzione perde tanto più il disavanzo venga coperto dallo Stato. Un sistema oggi non solo insostenibile dal punto di vista economico, ma a mio parere perfino immorale.
Chi voglia giudicare senza pregiudizi il mio operato, si accorgerà che questo pensiero informa con coerenza tutte le riforme che sto cercando di rendere definitive: diminuzione del peso sullo Stato della cultura; passaggio dal finanziamento diretto a quello indiretto (defiscalizzazione); conseguente diminuzione del potere della politica sulla cultura; valorizzazione del nostro patrimonio; coinvolgimento maggiore dei privati e degli enti locali.
In questo senso va la creazione di una nuova Direzione per la Valorizzazione affidata ad un manager come Mario Resca che sta dando i primi frutti in termini di aumento dei visitatori nei nostri musei e in termini di nuove regole per la gestione dei servizi aggiuntivi. Tra poco si terranno le nuove gare d’appalto che dovrebbero allargare il numero di operatori in competizione tra loro e quindi anche i servizi per il pubblico (biglietterie, bar, bookshop…), nonché gli introiti che saranno poi messi a disposizione della conservazione del nostro patrimonio storico e artistico.
In questo senso va la riforma degli enti lirici, enti dal punto di vista della spesa completamente fuori controllo e con un passivo totale accumulato in questi anni preoccupante. Nonostante le falsità che vengono diculgate e i proclami di battaglia nonché gli scioperi irresponsabili di questi giorni, come se la lirica fosse l’ultimo ridotto del sindacalismo più reazionario e lontano dalla realtà, chiunque conosca questo settore sa perfettamente che se non avessimo votato questa riforma, i teatri lirici sarebbero stati destinati al fallimento e questo malgrado ogni anno vengano sostenuti con centinaia di milioni di euro tra finanziamenti statali, locali e privati. E malgrado il costo di accesso per il pubblico rimanga a volte proibitivo.
In questo senso va la riforma del finanziamento al cinema che in passato è stato concepito come un meccanismo o per dare prebende ad amici e compagni, o per mantenere un controllo di tipo politico sul settore. Entrambe le finalità mi sono estranee, e a costo di limitare il potere della politica o la giusta discrezionalità che ad essa compete, presenterò a breve a una riforma che da un lato limita il finanziamento diretto solo alle opere prime, giustamente da incoraggiare e sostenere, contestualmente abolisce le commissioni ministeriali, dall’altro introduce il tax credit e il tax shelter, cioè un sistema di finanziamento indiretto attraverso la defiscalizzazione che premia chi è in grado di attrarre capitali privati e che non impone nessuna forma di “controllo” politico.
Per concludere, condivido l’analisi di Panebianco anche quando sostiene che in Italia le classi dirigenti esterne alla politica devono ritrovare coscienza del proprio ruolo e della responsabilità sociale che compete loro e assumersi il peso anche della cultura, il cui sostegno e indirizzo non deve essere demandato totalmente allo Stato che dovrebbe invece intervenire solo in via sussidiaria.
Ministro della Cultura
Sen. Sandro Bondi
Sen. Sandro Bondi
© 2021 MiC - Pubblicato il 2020-10-27 22:29:49 / Ultimo aggiornamento 2020-10-27 22:29:49