#laculturanonsiferma - Pavia nelle carte di chi l'ha resa grande

Bentornati, cari amici. Ieri è stato il primo giorno della ripresa delle attività. Pavia, silenziosa e deserta, ha ricominciato a popolarsi, con cautela e qualche timore, ma anche con la speranza di poter tornare a una vita normale, senza dimenticare la lezione di questo lungo periodo terribile. È il momento di riflettere su che mondo, che vita, che futuro vogliamo costruire, ricordando chi siamo stati, e per farlo con voi vi proponiamo il racconto di una Mostra realizzata tre anni fa che ha in sé tanti motivi di riflessione. Il titolo è "Pavia nelle carte di chi l’ha resa grande", e per la prima volta molte importanti istituzioni culturali hanno collaborato mettendo in comune materiali e competenze: Biblioteca Universitaria di Pavia - MiBACT, Centro Manoscritti - Università di Pavia, Museo per la Storia dell'Università di Pavia, Archivio Storico dell'Università, con la collaborazione della Società Dante Alighieri - Comitato di Pavia.
“Il Parini la chiamò l’insubre Atene, e il Foscolo la disse l’Università più civile di tutte. Lui stesso ne accrebbe la civiltà, insegnandovi eloquenza italiana nell’anno accademico 1808-09. In verità, gli ultimi decenni del Settecento e i primi dell’Ottocento furono la sua stagione più gloriosa per la presenza di chiarissimi ingegni come il Monti e il Volta, lo Spallanzani e il Mascheroni e lo Scarpa: uomini di fama europea, e proprio di loro disse il poeta: Parlano un suon che attenta Europa ascolta”. Così Cesare Angelini definiva l’Ateneo pavese sul Calendario “Necchi” del 1960, esposto in mostra.
Pavia è una città ricca di storia, di bellezza, di cultura, di personaggi straordinari. Nella mostra abbiamo voluto raccontare quelle glorie e altre più recenti attraverso documenti, libri, lettere e fotografie e le tavole originali create da Marco Giusfredi.
Lazzaro Spallanzani, scienziato, docente e Direttore del Museo di Storia naturale, Antonio Scarpa, anatomista e chirurgo, Alessandro Volta, fisico sperimentale e inventore della pila, furono i grandi nomi dell’Università riformata da Maria Teresa, che la rese tra gli atenei più importanti nel mondo.
Santuario delle scienze definì l’Ateneo pavese Vincenzo Monti, chiamato nel 1802 a ricoprire la cattedra di Eloquenza e Poesia che sei anni dopo fu affidata al trentenne, ma già famoso, Ugo Foscolo la cui orazione inaugurale divenne il manifesto della funzione civile della letteratura.
Erede di Scarpa alla cattedra di chirurgia fu Luigi Porta, che raggiunse risonanza internazionale tanto da essere interpellato dal ministro dell’Interno Urbano Rattazzi in merito alla ferita alla gamba di Garibaldi. Garibaldini furono il geologo di fama europea Torquato Taramelli e Edoardo Porro, studente e poi docente di clinica ostetrica all’Università di Pavia il cui nome resta legato a una tecnica operatoria programmata per salvare, nel taglio cesareo, oltre al bambino, anche la madre.
A suggello di una scuola medica tra le più prestigiose al mondo arrivò, nel 1906, il primo premio Nobel assegnato a un italiano, Camillo Golgi, "in riconoscimento del lavoro svolto sulla struttura del sistema nervoso".
Allieva di Golgi, per un breve periodo, fu Anna Kuliscioff, attivista politica la cui domanda d’iscrizione fu rifiutata dall’Università di Pavia e che si laureò in medicina a Napoli.
Visse a Pavia con la famiglia, proprietaria, insieme a un socio italiano, delle officine elettrotecniche Nazionali Einstein-Garrone, anche Albert Einstein, che restò legato alla città anche dopo la chiusura della fabbrica e rimase in contatto con gli amici pavesi.
Nel 1915 ottenne, prima donna in Italia, la libera docenza in botanica Eva Mameli, che cinque anni dopo sposò lo scienziato Mario Calvino trasferendosi con lui a Cuba, dove nacque suo figlio Italo.
E con Italo Calvino si apre un altro grande capitolo della storia della città, quello legato a Maria Corti, la quale, con grande lungimiranza, ha creato alla fine degli anni Sessanta presso l’Ateneo pavese il Fondo Manoscritti, primo archivio italiano relativo alla letteratura del Novecento.
Al nucleo originario appartengono alcuni preziosi manoscritti del poeta Eugenio Montale, varie redazioni autografe della novella La Madonna dei filosofi di Carlo Emilio Gadda e l'edizione postillata di Mio cugino Andrea di Romano Bilenchi. Oggi il Centro conserva più di duecento fondi d'autore, dei quali si è scelto di esporre, oltre ai primi archivi, carte dello scrittore vogherese Alberto Arbasino, del sacerdote pavese Cesare Angelini, della poetessa lodigiana Ada Negri.
Queste sono le nostre radici. Costruiremo un futuro degno dei giganti che ci hanno preceduto.
Scusate il post lungo, e godetevi la breve intervista alle curatrici, noi ci vediamo domani su facebook!
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