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L'incredibile grazia del barocchetto romano
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Questo dipinto con Apollo e Dafne fa parte di una serie di quattro opere sul tema delle Metamorfosi, eseguite tra 1695 e 1699 dal pittore Giuseppe Bartolomeo Chiari su commissione del Cardinal Fabrizio Spada. Il Chiari, uno dei massimi pittori dell'accademia romana, raggiunse in questo ciclo, ancora oggi conservato integro nella Prima Sala della Galleria Spada, uno dei suoi esiti più riusciti e armoniosi.
Il tema, tratto da Ovidio, rappresenta la disperata fuga di Dafne che tenta di sottrarsi al dio Apollo; in alto a sinistra, Cupido si allontana con l’arco e due frecce, una d’oro e una di piombo, a simboleggiare sia la passione del dio che il rifiuto della ninfa. Il pittore coglie, come da tradizione, il culmine della metamorfosi di Dafne in pianta d'alloro; sulla sinistra è rappresentato suo padre Teseo, fiume della Tessaglia, appoggiato ad un’anfora rovesciata da cui fuoriesce acqua, antico simbolo delle divinità fluviali.
In pittori come Chiari, ad essere rappresentativa non è tanto l'originalità della composizione, ma la preziosa e sofisticata sintesi che l'artista sa dare dei grandi maestri precedenti: nello splendore delle tinte, nell'armonia dei gesti, nella soavità dei gruppi, Chiari dimostra qui di aver davvero "trasmutato", come in un processo alchemico, le correnti classicistiche del Seicento, con particolari ricordi del Maratta, del Sacchi e del Gaulli.
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© 2021 MiC - Pubblicato il 2020-04-14 18:03:39 / Ultimo aggiornamento 2020-04-14 18:03:39
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