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#iorestoacasa Pillole di archeologia.L’arte del mosaico e l’esemplare di Via Ferrante ad Atri
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Ci addentriamo nel mondo delle arti decorative e lo facciamo parlando del mosaico. La parola, che nel linguaggio moderno immediatamente ci fa pensare alle decorazioni pavimentali e parietali realizzate mediante l’accostamento di piccole tessere in pietra o altro materiale, in realtà ha un’origine dubbia. Tuttavia, sebbene l’etimologia del vocabolo sia incerta, sembra collegarsi alla parola Muse, facendo riferimento probabilmente al largo impiego di questa tecnica per la decorazione in epoca romana di grotte e fontane, realizzate per evocare la fonte Ippocrene sacra alle Muse.
Ma che vocaboli si usavano nel mondo romano? Il mosaicista era chiamato musivarius, quando decorava le pareti, mentre quando si dedicava ai pavimenti veniva chiamato tessellarius o tessellator, da tessellae o tesserae, cioè le parole che indicavano i piccoli elementi in pietra caratteristici di questo tipo di realizzazioni. La decorazione veniva stesa su una serie di strati preparatori (Fig.1), che ci descrive perfettamente Vitruvio nel suo celebre trattato De Architectura: prima veniva preparato lo statumen, uno strato di ciottoli di dimensioni grossolane, disposti a secco e, se possibile, per taglio. Successivamente veniva allettato un primo strato di calce, sabbia e inerti, che formavano un calcestruzzo di spessore consistente chiamato rudus. Su questo strato, infine, veniva posata della malta mista a frammenti di laterizi, il nucleus, che serviva da supporto al pavimento vero e proprio.
Ora che ci è chiaro cosa sia un mosaico e la sua origine, possiamo raccontare qualcosa dei rinvenimenti di mosaici nell’antica colonia latina di Hatria. La città, fondata nel III sec. a.C. a seguito della conquista del territorio da parte dei Romani, ebbe una progressiva organizzazione urbanistica e monumentalizzazione fino al II sec. d.C. Le indagini archeologiche condotte ad Atri hanno portato alla luce un discreto numero di rivestimenti pavimentali di epoca romana, di diversa tipologia e riconducibili a differenti fasi di vita della colonia.
Fra questi pavimenti spicca uno dei mosaici trovati in occasione degli scavi eseguiti tra il 1973 e il 1976 in via Ferrante, vicino allo sbocco sulla Piazza della Cattedrale: si tratta di una pavimentazione in tessellato bicromo riferibile a un ambiente ampio e di forma rettangolare (Fig. 2). Si riconosce un riquadro centrale, di dimensione m 2,10 x 2,20, che presenta una composizione ortogonale di stelle di otto punte, tangenti per due sommità, che formano dei quadrati. All’interno di ciascun quadrato i motivi ornamentali sono di gusto diverso e troviamo ripetuti il nodo di Salomone, fiori a sei petali, sia singoli che iscritti in un motivo a stella, motivi a girale e altri. Su due delle estremità del vano si hanno dei rettangoli, con dentro inscritto un motivo a treccia. Ai quattro lati di questa decorazione centrale sono disposti quattro pavimenti di forma rettangolare, divisi da fasce ornamentali. Due fasce, di maggiore spessore, presentano motivi decorativi così sintetizzabili: da un lato c’è una teoria di quadrati, per metà bianchi e per metà neri, dall’altra rettangoli e quadrati alternati, che mostrano all’interno motivi decorativi geometrici o vegetali stilizzati. Le due fasce di minore spessore, invece, sono decorate con una serie di triangoli neri. Poco rimane dei vani che si affacciavano su questo ambiente centrale, eccetto uno che presenta un disegno geometrico a rombi neri disposti alternativamente in modo orizzontale e verticale, formando negli spazi di risulta dei quadrati bianchi: l’effetto è tridimensionale! Accanto a questo vano se ne apre un altro, diviso dal precedente mediante un elegante fascia decorata con delicati motivi vegetali; la decorazione dell’ambiente è minimale, con rosette realizzate con sole quattro tessere nere, su fondo bianco, entro una più ampia cornice nera di forma rettangolare (Fig. 3).
La decorazione centrale è probabilmente riferibile a un triclinium, la sala da pranzo delle domus romane, che deriva il suo nome dal greco ???- «tre» e ????? «letto», perché in questi ambienti per il consumo dei pasti erano disposti di norma tre letti su tre lati della tavola.
Oggi il mosaico, prima esposto a parete in Via Ferrante, si trova all’interno del Museo Civico Archeologico Capitolare "De Galitiis - De Albentiis - Tascini" di Atri, dove è stato riportato dopo un importante lavoro di restauro conservativo (Fig. 4).
Breve bibliografia per il testo e le immagini
AZZENA 1987 = G. Azzena, Atri. Forma e Urbanistica (Città antiche in Italia, 1, L'Erma di Bretschneider), Roma 1987.
http://tess.beniculturali.unipd.it/web/home/
https://www.academia.edu/41864000/TESS_ABRUZZO_I_MOSAICI_DI_HATRIA
Relazione del restauro conservativo, Dott.ssa Antonella Donatucci
© 2021 MiC - Pubblicato il 2020-06-22 12:38:36 / Ultimo aggiornamento 2020-06-22 12:38:36
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