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IL RESTAURO DELLA PALA DI PESARO DI GIOVAN GEROLAMO SAVOLDO
Testo del comunicato
Dopo due anni di intenso lavoro, preceduto da una ricca campagna di documentazione fotoradiografi ca
e da analisi diagnostiche, si è concluso il restauro della imponente Pala di Pesaro di Giovan Gerolamo
Savoldo, tavola commissionata nel 1524 per la chiesa di San Domenico di Pesaro e giunta a Brera nel
1811.
Il capolavoro del pittore bresciano ritorna a parete, liberato dall’ingabbiatura del grande laboratorio di
restauro, il box dalle pareti in policarbonato, che ha permesso ai visitatori della Pinacoteca di seguirne
il restauro “in diretta”.
Il restauro è avvenuto in collaborazione con Pirelli, nel quadro dell’accordo siglato nel 2000 con la
Pinacoteca di Brera, che prevede il sostegno a progetti importanti per la valorizzazione del museo.
Proprio il contributo assicurato dal Gruppo Pirelli ha permesso la realizzazione dell’inedito e
rivoluzionario laboratorio di restauro che ha non solo facilitato ma anche reso sempre visibile al
pubblico il lungo e complesso lavoro.
Il laboratorio, progettato dallo studio di architettura Sottsass e Associati e realizzato dalla Goppion, è
stato ora rimontato nella sala XVIII, per essere ancora utilizzato in occasione del restauro della grande
tela raffi gurante l’ Adorazione dei Magi con Sant’Elena di Jacopo Negretti detto Palma il Vecchio; anche
questo intervento è possibile grazie alla collaborazione di Pirelli e al prezioso aiuto dell’Associazione
Amici di Brera e dei Musei Milanesi.
Il restauro della Pala di Pesaro, diretto e coordinato da Mariolina Olivari, è stato effettuato da Paola
Borghese, Andrea Carini e Sara Scatragli, restauratori della Soprintendenza per il Patrimonio Storico,
Artistico e Etnoantropologico di Milano, e da Roberto Buda per il delicato intervento sul supporto
ligneo, con la supervisione dell’Opifi cio della Pietre Dure di Firenze.
Nei giorni 24, 25 e 26 novembre i Saloni Napoleonici della Pinacoteca di Brera resteranno
eccezionalmente aperti dalle ore 20 alle 22,30 offrendo al pubblico la possibilità di
ammirare la grande Pala di Pesaro a restauro completato.
A ricordo anche dell’attività di musico del pittore Savoldo, l’ensemble La Frottola, in alternanza con
Lorenzo Lucchini all’organo e Mario Tonda, Massimiliano Guido e Giuseppe Passo al clavicembalo
accompagnerà la visita con musiche di Marcantonio Cavazzoni e di altri autori cinquecenteschi.
Il Cavazzoni fu testimone al contratto stipulato fra i domenicani e Savoldo per la Pala di Pesaro.
La musica sarà diffusa nei saloni della Pinacoteca e sul Loggiato.
L’ingresso è gratuito.
La Pala di Pesaro di Giovan Gerolamo Savoldo
L’enorme tavola, giunta a Brera nel 1811, è la più grande della Pinacoteca e tra quelle di maggiori
dimensioni al mondo. Firmata in basso a destra sotto il piede di san Gerolamo, fu realizzata tra il
1524 ed il 1526 dal pittore bresciano, allora residente a Venezia, per l’altare maggiore della chiesa
conventuale di San Domenico a Pesaro.
Il contratto stipulato il 15 giugno 1524 tra Savoldo e Innocenzo da Pesaro, frate priore del convento
domenicano, comprendeva anche l’esecuzione di una Pietà di Nostro Signore Yhesu Cristo,
concordemente identifi cata con il Cristo morto sorretto da Giuseppe d’Arimatea, ora presso il
Cleveland Museum of Art di Cleveland, che doveva essere posta al di sopra della pala come cimasa. Era
prevista anche una predella, ormai perduta, costituita da due “quadricti” (cioè da due piccoli dipinti),
il cui soggetto era lasciato alla discrezione del Savoldo, e da uno sportello dove riporre il Santissimo
Sacramento, decorato con una testa di san Pietro Martire. Il contratto dava al Savoldo anche precise
indicazioni iconografi che relative alle fi gure dei santi e della Madonna, alle quali il pittore si attenne con
qualche licenza, per esempio nelle posizioni invertite dei due santi Domenico e Paolo, nel raffi gurare
accanto alla Vergine due angeli musicanti, invece di uno, e nell’inserire al centro della composizione
lo splendido paesaggio, identifi cabile con Venezia vista dalle Fondamenta Nuove. Quest’ultimo fu
realizzato tutto di getto, senza disegno preparatorio, come hanno rilevato le indagini rifl ettografi che
eseguite in occasione del restauro.
Pittore lento e meticoloso, come attestano le fonti, il Savoldo fu in contatto con i più affermati
intellettuali del tempo; lo dimostra anche l’elenco dei testimoni all’allogazione del contratto per la Pala
di Pesaro fra cui sono annoverati Pietro Matteo Giordani I, membro di una delle famiglie più cospicue di
Pesaro, consigliere della città dal 1509 al 1512, e amico di Balsassarre Castiglione, nel cui epistolario è
più volte citato; il bolognese Marco Antonio Cavazzoni, uno dei compositori più affermati del tempo,
ricordato da Eleonora Gonzaga, moglie del duca di Urbino, come “mio musico”, protetto anche dal
cardinale Francesco Corner e musico segreto di Papa Leone X.
Nell’altissimo panorama della cultura fi gurativa veneziana del primo Cinquecento, la produzione del
Savoldo si distingue soprattutto per essere incentrata sul problema della luce artifi ciale e naturale, che
il recente restauro della Pala di Pesaro ha confermato essere il nodo portante delle sue composizioni.
In alto la luce si irradia attorno alla Vergine e al Bambino dall’infi nito affollarsi delle teste dei serafi ni
(parola ebraica che signifi ca letteralmente gli ardenti), mentre in basso le fi gure dei quattro maestosi
santi sono immersi nella luce terrena della laguna veneziana: Pietro, il fondatore della Chiesa e
Domenico, fondatore dell’ordine che commissionò l’imponente pala, a sinistra; Paolo e Gerolamo a
destra. Sul retro della tavola, che si ha avuto l’opportunità di rivedere dopo decenni, sono visibili diverse
scritte che registrano gli spostamenti dell’opera: la data più antica, 1646, è forse riferibile al rifacimento
barocco della chiesa, che comportò lo smontaggio della cimasa e della predella, il suo spostamento
e la modifi ca del formato; l’anno 1797 rimanda all’inizio dei restauri della chiesa domenicana, che
comportò la collocazione dell’enorme pala d’altare, sulla parete di fondo dell’abside, dove poco dopo
la videro i commissari delle soppressioni napoleoniche. Sul retro furono applicati, nel secolo XVII, dei
veri e propri altarini devozionali cartacei, costituiti da stampe ritagliate e incollate con le immagini
della Madonna e di un Ecce Homo, circondati da altri fogli con angeli e cherubini.
L’opera è uscita dal museo solo due volte, in occasione dei due confl itti mondiali. Una lunga scritta,
sempre sul retro, ricorda il suo trasferimento a Roma dal 1917 al 1921, in occasione del primo confl itto
mondiale. L’operazione fu condotta da Mario Salmi e da Ettore Modigliani, allora direttore della
Pinacoteca. Durante la seconda guerra mondiale, l’opera fu trasferita nel monastero benedettino di
Pontida, con un altro dipinto marchigiano di grande formato, la tavola di Gerolamo Genga (sala XXIV).
Tornata a Brera nel 1950, come documentano le fi rme degli operai vergate a matita blu sulla carta delle
incisioni, la pala non è stata più spostata dalla parete dove ora, dopo il complesso restauro, è tornata
inserita in una nuova cornice.
Il Restauro della Pala di Pesaro
La tavola, non più interessata da restauri dopo l’intervento di toelettatura effettuato dal Pelliccioli
nell’immediato dopoguerra, presentava notevoli problemi di conservazione: gravi fessurazioni del
supporto, numerosi sollevamenti della pellicola pittorica, sovrapposizione di diversi strati di vernice
ossidata. Preliminare al restauro è stata la lunga e approfondita campagna diagnostica, condotta dal
2001 al 2003 e comprendente indagini fi siche e chimiche che hanno contribuito a chiarire aspetti
relativi alla tecnica esecutiva e allo stato di conservazione del dipinto (riprese fotografi che a luce
visibile e con raggi ultravioletti, rifl ettografi e IR, spettrofotometrie IR, diffratometrie a raggi X, analisi
stratigrafi che…). Le analisi sono state condotte da vari enti: ENEA, R&C Scientifi ca, Studio Brogiolo,
INOA, in collaborazione con il Laboratorio Fotoradiologico della Soprintendenza PSAE di Milano. Il
restauro vero e proprio è stato effettuato tra il 2003 e il 2005.
Si è proceduto dapprima con il risanamento del supporto, compromesso dal drastico cambiamento
di formato subito dal dipinto. La tavola era stata infatti segata e ridotta da rettangolare a centinata
probabilmente nel XVII o nel XVIII secolo. Questo aveva compromesso in parte la splendida struttura
lignea cinquecentesca, concepita per permettere una distribuzione regolare dell’immenso peso. In
seguito è stata effettuata la pulitura della superfi cie dalla vernice ossidata, dalle ridipinture e dalle
vecchie stuccature (fi no a dicembre 2004); dopo il fi ssaggio della pellicola pittorica, sono state stuccate
le lacune. Si è proceduto quindi alla disinfestazione mediante anossia, sigillando pala e cornice in
una immensa bolla sottovuoto. La reintegrazione pittorica è stata eseguita ad acquarello con selezione
cromatica condotta in verticale; al termine è stata applicata la vernice protettiva.
Con il restauro si sono recuperate le insospettate tonalità pittoriche e l’intensissima luminosità del
dipinto e si sono ricavate informazioni inedite sui procedimenti tecnici ed esecutivi del pittore. Si
è proceduto all’eliminazione della pesante e totale ridipintura del cielo, stesa nel XIX secolo, per
mascherare i danni precedenti. Si è così recuperato l’incantevole azzurro del lapislazzuli originale. Il
paesaggio lagunare, dipinto con tratti rapidi, è tornato leggibile nei suoi straordinari valori atmosferici.
Il disegno preparatorio, “letto” attraverso le rifl ettografi e, ha rivelato le numerose modifi che ed
i ripensamenti operati dal Savoldo durante la fase di realizzazione, ad esempio la traslazione verso
l’alto dei Santi e la modifi ca della posizione di Gesù Bambino. Si è infi ne proceduto al rifacimento
della cornice, rispettando le misure reali del dipinto. La precedente, infatti, troppo corta per l’altissima
tavola, ne tagliava la parte superiore.
Info
Soprintendenza per il Patrimonio Storico, Artistico e Etnoantropologico per le province di Milano Bergamo
Como Lecco Lodi Pavia Sondrio Varese
via Brera 28, 20121 Milano
tel. 02/722631 fax 02/72001140