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Il dramma della Fondazione lirica genovese. Bondi: "Arriveranno i fondi per salvare il Carlo Felice"
Testo del comunicato
IL DRAMMA DELLA FONDAZIONE LIRICA GENOVESE
Bondi: «Arriveranno i fondi per salvare il Carlo Felice»
Il ministro: lo Stato non basta più, ci vogliono i privati
«Sono certo che il presidente del Consiglio e il ministro dell'Economia sapranno ascoltare le difficoltà della lirica nel nostro paese e, compatibilmente con le esigenze di contenimento della spesa pubblica, aiutarmi a continuare a sostenere le riforme già avviate». Sandro Bondi è fiducioso. Nonostante i tagli pesantissimi inflitti dal suo collega Giulio Tremonti al Fus, Fondo unico dello spettacolo - crollato dai 402 milioni di quest'anno ai 262 previsti per il 2011- continua a sperare in un «reintegro» dei finanziamenti, senza il quale l'ente lirico genovese e la maggioranza degli enti lirici italiani rischierebbero il tracollo. In quest'intervista rilasciata via e-mail al SecoloXIX, il ministro, ieri a Genova per un vertice sul Carlo Felice, spiega il perché di tanto ottimismo.
Ben venga, se verrà, il reintegro del Fus. Ma basterà a salvare la lirica?
«No. Il mondo della cultura non può dipendere soltanto dai contributi statali, dev'essere sostenuto anche dai privati. Solo in questo modo la cultura può essere autenticamente libera e vivere in maniera più forte e vigorosa di quanto non sia accaduto finora. La situazione di difficoltà dei teatri lirico sinfonici è generale ma sono sicuro che la riforma che abbiamo approvato sarà sufficiente a salvare l'opera lirica italiana e darle delle basi più solide».
Ma finora le sponsorizzazioni private alla lirica hanno scarseggiato. Come pensa di stimolarle?
«Esiste già una norma che prevede sgravi fiscali per chi investe in cultura, ma l'Italia deve allinearsi ancor più con le norme di altri paesi europei. Ma il risanamento del sistema lirico passa senz'altro da una riforma che ormai è non solo necessaria ma indispensabile».
Per far fronte alla crisi, il Carlo Felice ha deciso di ricorrere ai contratti di solidarietà, che dovrebbero partire tra una setti mana e concludersi a fine 2012. E il primo teatro a servirsi degli ammortizzatori sociali. Ne seguiranno altri?
«Spero di no. I contratti di solidarietà partiranno a Genova perché c'è unvialibera da parte della Regione Liguria e del Ministero del Lavoro e c'è una disponibilità da parte della maggioranza dei lavoratori. E un segnale positivo da parte dei lavoratori e del mondo sindacale, almeno di quello più responsabile. La strada maestra però è la contrattazione nazionale del comparto lirico sinfonico, sulla base del decreto di riforma approvato dal governo. Spero che grazie a un dialogo costruttivo con le parti sindacali si possano creare gradualmente le condizioni per poter affrontare il prima possibile la crisi del sistema lirico, senza dover ricorrere a strumenti come i contratti di solidarietà e la cassa integrazione».
Una parte del mondo sindacale, i sindacati autonomi, resta contraria "senza se e senza ma" agli ammortizzatori sociali.
«Questo è irresponsabile. Leggere poi che, nel momento in cui si sta lavorando per un accordo al quale hanno aderito la maggioranza dei lavoratori, i sindacati autonomi si adoperino per contrastare l'intesa fa francamente cadere le braccia».
Gli orchestrali temono un'eccessiva flessibilità e una minore sicurezza del posto di lavoro. E anche la qualità della musica, dicono, potrebbe risentirne.
«La flessibilità fa paura solo a chi non sa coglierne le opportunità. In tutto il mondo le orchestre sono flessibili, solo in Italia questo non avviene. I musicisti che con il talento e l'esercizio riescono ad avere anche altre collaborazioni sono ovunque il vanto di ogni orchestra».
I contratti di solidarietà potranno tamponare la crisi del teatro. Non risolverla. Quale dev'essere, allora, la soluzione?
Genova ha una grande tradizione civile, culturale, mercantile e industriale. Finora però è mancato il sostegno di quella società civile che invece in altre città ha creduto nelle grandi realtà culturali. I protagonisti dell'economia genovese, che spesso sono anche grandi attori dell'economia nazionale e del Mediterraneo, devono dimostrare il loro amore per la città aiutando le sue istituzioni culturali a crescere e svilupparsi. Solo così la crisi del Carlo Felice potrà diventare un'opportunità.
Margiocco Francesco (margiocco@ilsecoloxix.it)
Bondi: «Arriveranno i fondi per salvare il Carlo Felice»
Il ministro: lo Stato non basta più, ci vogliono i privati
«Sono certo che il presidente del Consiglio e il ministro dell'Economia sapranno ascoltare le difficoltà della lirica nel nostro paese e, compatibilmente con le esigenze di contenimento della spesa pubblica, aiutarmi a continuare a sostenere le riforme già avviate». Sandro Bondi è fiducioso. Nonostante i tagli pesantissimi inflitti dal suo collega Giulio Tremonti al Fus, Fondo unico dello spettacolo - crollato dai 402 milioni di quest'anno ai 262 previsti per il 2011- continua a sperare in un «reintegro» dei finanziamenti, senza il quale l'ente lirico genovese e la maggioranza degli enti lirici italiani rischierebbero il tracollo. In quest'intervista rilasciata via e-mail al SecoloXIX, il ministro, ieri a Genova per un vertice sul Carlo Felice, spiega il perché di tanto ottimismo.
Ben venga, se verrà, il reintegro del Fus. Ma basterà a salvare la lirica?
«No. Il mondo della cultura non può dipendere soltanto dai contributi statali, dev'essere sostenuto anche dai privati. Solo in questo modo la cultura può essere autenticamente libera e vivere in maniera più forte e vigorosa di quanto non sia accaduto finora. La situazione di difficoltà dei teatri lirico sinfonici è generale ma sono sicuro che la riforma che abbiamo approvato sarà sufficiente a salvare l'opera lirica italiana e darle delle basi più solide».
Ma finora le sponsorizzazioni private alla lirica hanno scarseggiato. Come pensa di stimolarle?
«Esiste già una norma che prevede sgravi fiscali per chi investe in cultura, ma l'Italia deve allinearsi ancor più con le norme di altri paesi europei. Ma il risanamento del sistema lirico passa senz'altro da una riforma che ormai è non solo necessaria ma indispensabile».
Per far fronte alla crisi, il Carlo Felice ha deciso di ricorrere ai contratti di solidarietà, che dovrebbero partire tra una setti mana e concludersi a fine 2012. E il primo teatro a servirsi degli ammortizzatori sociali. Ne seguiranno altri?
«Spero di no. I contratti di solidarietà partiranno a Genova perché c'è unvialibera da parte della Regione Liguria e del Ministero del Lavoro e c'è una disponibilità da parte della maggioranza dei lavoratori. E un segnale positivo da parte dei lavoratori e del mondo sindacale, almeno di quello più responsabile. La strada maestra però è la contrattazione nazionale del comparto lirico sinfonico, sulla base del decreto di riforma approvato dal governo. Spero che grazie a un dialogo costruttivo con le parti sindacali si possano creare gradualmente le condizioni per poter affrontare il prima possibile la crisi del sistema lirico, senza dover ricorrere a strumenti come i contratti di solidarietà e la cassa integrazione».
Una parte del mondo sindacale, i sindacati autonomi, resta contraria "senza se e senza ma" agli ammortizzatori sociali.
«Questo è irresponsabile. Leggere poi che, nel momento in cui si sta lavorando per un accordo al quale hanno aderito la maggioranza dei lavoratori, i sindacati autonomi si adoperino per contrastare l'intesa fa francamente cadere le braccia».
Gli orchestrali temono un'eccessiva flessibilità e una minore sicurezza del posto di lavoro. E anche la qualità della musica, dicono, potrebbe risentirne.
«La flessibilità fa paura solo a chi non sa coglierne le opportunità. In tutto il mondo le orchestre sono flessibili, solo in Italia questo non avviene. I musicisti che con il talento e l'esercizio riescono ad avere anche altre collaborazioni sono ovunque il vanto di ogni orchestra».
I contratti di solidarietà potranno tamponare la crisi del teatro. Non risolverla. Quale dev'essere, allora, la soluzione?
Genova ha una grande tradizione civile, culturale, mercantile e industriale. Finora però è mancato il sostegno di quella società civile che invece in altre città ha creduto nelle grandi realtà culturali. I protagonisti dell'economia genovese, che spesso sono anche grandi attori dell'economia nazionale e del Mediterraneo, devono dimostrare il loro amore per la città aiutando le sue istituzioni culturali a crescere e svilupparsi. Solo così la crisi del Carlo Felice potrà diventare un'opportunità.
Margiocco Francesco (margiocco@ilsecoloxix.it)
© 2021 MiC - Pubblicato il 2020-10-27 22:27:15 / Ultimo aggiornamento 2020-10-27 22:27:15