25 marzo 2020 - Dantedì
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InfoDescrizione
In questa giornata dedicata a
Dante Alighieri e alla lettura della Divina Commedia, l'Archivio di Stato di
Venezia dedica l'appuntamento quotidiano della rubrica "Un
saluto dai Frari" al sommo poeta.
Sono diversi i passi della
Commedia dedicati a Venezia e ai territori di quello che sarà il suo dominio,
ed è celebre la descrizione dantesca dell'Arsenale della città nel XXI canto
dell'Inferno (vv. 7-15):
Quale ne l’arzanà de’
Viniziani
bolle l’inverno la tenace pece
a rimpalmare i legni lor non sani,
ché navicar non ponno - in quella vece
chi fa suo legno novo e chi ristoppa
le coste a quel che più viaggi fece;
chi ribatte da proda e chi da poppa;
altri fa remi e altri volge sarte;
chi terzeruolo e artimon rintoppa -
La lettura che proponiamo è
il brano del IX canto del Paradiso in cui Dante incontra l'anima di
Cunizza da Romano, sorella del tiranno Ezzelino. La donna traccia un profilo
della situazione politica di quello che sarà, un secolo e mezzo dopo, lo Stato
da terra veneziano, profetizzando la sconfitta dei signori che vi regnavano
all'epoca. Ecco le parole del poeta (vv. 22-63):
Onde la luce che m’era ancor
nova,
del suo profondo, ond’ella pria cantava,
seguette come a cui di ben far giova:
«In quella parte de la terra prava
italica che siede tra Rialto
e le fontane di Brenta e di Piava,
si leva un colle, e non surge molt’alto,
là onde scese già una facella
D’una radice nacqui e io ed ella:
Cunizza fui chiamata, e qui refulgo
perché mi vinse il lume d’esta stella;
ma lietamente a me medesma indulgo
la cagion di mia sorte, e non mi noia;
che parria forse forte al vostro vulgo.
Di questa luculenta e cara gioia
del nostro cielo che più m’è propinqua,
grande fama rimase; e pria che moia,
questo centesimo anno ancor s’incinqua:
vedi se far si dee l’omo eccellente,
sì ch’altra vita la prima relinqua.
E ciò non pensa la turba presente
che Tagliamento e Adice richiude,
né per esser battuta ancor si pente;
ma tosto fia che Padova al palude
cangerà l’acqua che Vincenza bagna,
per essere al dover le genti crude;
e dove Sile e Cagnan s’accompagna,
tal signoreggia e va con la testa alta,
che già per lui carpir si fa la ragna.
Piangerà Feltro ancora la difalta
de l’empio suo pastor, che sarà sconcia
sì, che per simil non s’entrò in malta.
Troppo sarebbe larga la bigoncia
che ricevesse il sangue ferrarese,
e stanco chi ‘l pesasse a oncia a oncia,
che donerà questo prete cortese
per mostrarsi di parte; e cotai doni
conformi fieno al viver del paese.
Sù sono specchi, voi dicete Troni,
onde refulge a noi Dio giudicante;
sì che questi parlar ne paion buoni».
Nella cartolina di oggi vogliamo allora salutare Treviso che Dante ricorda come la città "dove Sile e Cagnan s’accompagna?" con un disegno del 1662 dal fondo dei Provveditori sopra beni inculti. Nei pressi del Duomo della città si vede scorrere il fiume Cagnan, attraversato da numerosi ponti che ancora oggi ritroviamo nella toponomastica in uso.
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