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Risposta scritta all'interrogazione n. 4-04832 del dep. Luigi Di Maio. D.P.C.M. 29 agosto 2014, n. 171. Accorpamento delle soprintendenze e gestione manageriale dei poli museali.
Testo del comunicato
Nell’atto ispettivo n. 4-04832, l’Onorevole interrogante, fatto riferimento al documento “Riforma P.A.: vogliamo fare sul serio”, pubblicato il 30 aprile 2014 sul sito web del Governo, sottoscritto dal Presidente del Consiglio dei Ministri, Matteo Renzi e dal Ministro per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione, Marianna Madia, nel quale si prevede “accorpamento delle sovrintendenze e gestione manageriale dei poli museali”, chiede che cosa si intenda per “gestione manageriale” dei poli museali e se il Governo non ritenga che l’accorpamento delle soprintendenze, cui negli ultimi anni sono state incrementate le competenze e ridotte le risorse finanziarie, non renderà ancora più difficoltosa l’attività del Ministero. Come è noto, anche questa Amministrazione ha dovuto dotarsi di un nuovo regolamento di organizzazione che recepisse le riduzioni alle piante organiche imposte dalle politiche di revisione della spesa pubblica (spending review), contenute in numerosi provvedimenti normativi finalizzati, tra l’altro, al contenimento e alla riduzione dei costi delle pubbliche amministrazioni. Questo Ministero vi ha provveduto con il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 29 agosto 2014, n. 171, recante “Regolamento di organizzazione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, degli uffici della diretta collaborazione del Ministro e dell’Organismo indipendente di valutazione della perfomance, a norma dell’art. 16, comma 4 del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89”, cui è seguito, successivamente, il decreto ministeriale del 27 novembre 2014, contenente “Articolazione degli uffici dirigenziali di livello non generale del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo”. Il processo di riorganizzazione si è svolto in ottemperanza alle disposizioni di cui al decreto legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, recante “Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario”, in particolare all’articolo 2, comma 1, lettera a) che prevede la riduzione degli uffici dirigenziali delle pubbliche amministrazioni, di livello generale e di livello non generale e le relative dotazioni organiche, in misura non inferiore, per entrambe le tipologie di uffici e per ciascuna dotazione, al 20 cento di quelle esistenti. Nel complesso, la riorganizzazione ha imposto il taglio di 37 dirigenti (6 di prima fascia e 31 di seconda fascia). Nonostante che l’indicazione normativa mirasse soprattutto alla riduzione della spesa, l’Amministrazione ne ha colto l’occasione per ridisegnare la propria organizzazione in modo fortemente innovativo, non solo in linea con le misure già adottate con il decreto legge 31 maggio 2014, n. 83, contenente “Disposizioni urgenti per la tutela del patrimonio culturale, lo sviluppo della cultura e il rilancio del turismo”, convertito con modificazioni dalla legge 29 luglio 2014, n. 106 (c.d. decreto Art Bonus) ma anche in sintonia con le linee di riforma della pubblica amministrazione contenute nel documento del Governo, richiamato dall’Onorevole interrogante. L’adeguamento ai numeri della spending review è divenuto, così, l’opportunità per intervenire sull’organizzazione del Ministero e porre rimedio ad alcuni problemi che, per lungo tempo, hanno segnato l’amministrazione dei beni culturali e del turismo in Italia. Si tratta di disfunzioni e lacune riconosciute ed evidenziate molte volte e da più parti: l’assoluta mancanza di integrazione tra i due ambiti di intervento del Ministero, la cultura e il turismo; l’eccessiva moltiplicazione delle linee di comando e le numerose duplicazioni tra centro e periferia; il congestionamento dell’amministrazione centrale, ingessata anche dai tagli operati negli ultimi anni; la cronica carenza di autonomia dei musei italiani, che ne limita grandemente le potenzialità; la scarsa attenzione del Ministero verso il contemporaneo e verso la promozione della creatività; il ritardo del Ministero nelle politiche di innovazione e di formazione. Allo scopo di risolvere il vero e proprio “ingorgo” burocratico venutosi a creare negli anni a causa della moltiplicazione delle linee di comando e dei frequenti conflitti tra direzioni regionali e soprintendenze, l’amministrazione periferica è stata ripensata, mantenendo, secondo quanto previsto dalla ipotesi di riforma dell’amministrazione centrale, il livello regionale quale ambito ottimale di riferimento. Sono state perciò adottate le seguenti misure: le direzioni regionali sono state trasformate in segretariati regionali del MIBACT, con il compito di coordinare tutti gli uffici periferici del Ministero operanti in ciascuna regione, riconoscendo il ruolo amministrativo di tali uffici, tutti dirigenziali di II fascia, senza però sovrapporsi alle competenze tecnico-scientifiche delle soprintendenze; la linea di comando tra amministrazione centrale e soprintendenze è stata ridefinita e semplificata: le soprintendenze archeologiche sono ora articolazioni periferiche della relativa direzione centrale; quelle miste, belle arti e paesaggio, lo sono della relativa direzione. Nel rispetto della distribuzione territoriale, vengono quindi accorpate le soprintendenze per i beni storico-artistici con quelle per i beni architettonici, come già avveniva in diversi casi e come già era e rimarrà al centro, con una sola direzione generale; l’amministrazione dei beni archivistici è stata razionalizzata e sono state meglio definite e arricchite le funzioni della direzione generale Archivi, nonché quelle delle soprintendenze archivistiche e degli archivi di Stato; l’amministrazione delle biblioteche è stata razionalizzata, da un lato, mantenendo l’autonomia scientifica degli istituti indipendentemente dalla loro natura dirigenziale, ferma restando la vigilanza della direzione generale Biblioteche e istituti culturali; la collegialità delle decisioni sul territorio è rafforzata nel comitato di coordinamento regionale, presieduto dal segretario regionale e composto dai soprintendenti, che diviene il luogo in cui sono assunte le decisioni un tempo adottate dalla direzione regionale, come la dichiarazione e la verifica di interesse culturale. Un punto dolente dell’amministrazione dei beni culturali in Italia è sempre stata la sottovalutazione dei musei: privi di effettiva autonomia, erano tutti, salvo casi sporadici e non legati a un disegno unitario, articolazioni delle soprintendenze e dunque privi di qualifica dirigenziale. La riforma ha inteso mutare radicalmente questo aspetto, assicurando al contempo il mantenimento del legame dei musei con il territorio e con le soprintendenze e fatte salve le prioritarie esigenze di tutela e dell’unitarietà del patrimonio culturale della Nazione. I musei archeologici e le aree archeologiche, ad esempio, fatta eccezione delle due soprintendenze speciali per Roma e per Pompei, sono divenuti articolazioni dei poli museali regionali, ma dipendono funzionalmente anche dalla direzione generale Archeologia, che definisce le modalità di collaborazione con le soprintendenze Archeologia, anche ai fini delle attività di ricovero, deposito, catalogazione e restauro dei reperti. La riforma ha operato, anche, un intervento più innovativo e determinante, atteso da tempo, che cambia strutturalmente la presenza dello Stato e l’organizzazione delle strutture del Ministero, e che ha riguardato la distinzione tra i compiti di tutela e di valorizzazione. A seguito della riforma del Ministero le soprintendenze si occuperanno di tutela del territorio, laddove la valorizzazione del patrimonio, ovvero dei musei e dei luoghi della cultura dello Stato, viene affidata, sulla scia del modello francese, alla direzione generale Musei, che non è mai esistita in Italia, ai poli museali regionali, che avranno il compito di coordinare, rafforzare e valorizzazione la presenza dei musei, e, infine, ai musei dotati di autonomia speciale. Pertanto, sono state previste le seguenti misure: è stata istituita una nuova direzione generale Musei, cui sono stati affidati, tra gli altri, i compiti di attuare politiche e strategie di fruizione a livello nazionale, di favorire la costituzione di poli museali anche con regioni ed enti locali, di svolgere i compiti di valorizzazione degli istituti e dei luoghi della cultura; è stata conferita a due soprintendenze speciali e a venti musei la qualifica di ufficio dirigenziale, riconoscendo così il massimo status amministrativo ai musei di rilevante interesse nazionale; sono stati creati i poli museali regionali, articolazioni periferiche della direzione generale Musei, incaricati di promuovere gli accordi di valorizzazione previsti dal codice dei beni culturali e del paesaggio e di favorire la creazione di un sistema museale tra musei statali e non statali, sia pubblici, sia privati; tutti i musei sono dotati di autonomia tecnico-scientifica e di un proprio statuto, in linea con i più elevati standard internazionali; le due soprintendenze speciali e i venti musei di livello dirigenziale hanno anche autonomia contabile. I musei sono stati divisi in due grandi categorie di cui la prima rappresentata dai musei autonomi, e la seconda da tutti gli altri. I 20 musei autonomi avranno autonomia contabile ed amministrativa e, in base ad una norma contenuta nel ricordato decreto-legge Art Bonus (l’articolo 14, comma 2-bis), potranno essere governati da direttori scelti mediante una selezione pubblica, trasparente ed internazionale, attualmente in corso, per scegliere le massime professionalità oggi operanti nel campo, a livello non soltanto nazionale ma anche internazionale. Questi 20 musei, infatti, saranno diretti da dirigenti, in alcuni casi anche di livello generale. Si tratta di un cambiamento sostanziale, dato che, ad oggi, i musei statali erano semplici uffici alle dipendenze della soprintendenza. Ad eccezione dei poli museali di Roma, Firenze, Venezia e Napoli, anche grandi musei come la Pinacoteca di Brera non erano altro che un ufficio dipendente dalla soprintendenza e diretto da un funzionario; questo valeva anche per la Galleria degli Uffizi, diretta da un funzionario, gerarchicamente dipendente dal polo museale e dalla soprintendenza speciale di Firenze, senza potere di firma e autonomia contabile. Tutto questo ha comportato rallentamenti nell’utilizzazione delle straordinarie potenzialità del patrimonio museale ed archeologico italiano. Questi 20 musei avranno dunque a capo direttori scelti in base alle modalità di selezione prima indicate e godranno di autonomia contabile ed amministrativa. Anche per i musei per cui non è contemplata tale autonomia e una dirigenza cos?` selezionata, la riforma prevede comunque uno statuto ed un bilancio propri, onde rendere identificabile e rafforzabile la loro azione di valorizzazione del patrimonio. La riorganizzazione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha interessato tutti i settori dell’Amministrazione per razionalizzare e meglio coordinare le linee di attività e le strutture amministrative, anche per dare una risposta ai problemi evidenziati dall’Onorevole interrogante, conseguenza dell’incremento delle competenze e della riduzione delle risorse finanziarie, avvenuti in questi ultimi anni. La riforma ha operato sul lato delle competenze e della funzionalità degli uffici mentre sul versante delle risorse, il Governo è intervenuto con altri provvedimenti, tra cui si segnala il decreto legge n. 83 del 21 maggio 2014, recante "Disposizioni urgenti per la tutela del patrimonio culturale, lo sviluppo della cultura e il rilancio del turismo" (c. d. Art Bonus), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2014, n. 106, che contiene disposizioni che mirano ad aumentare le risorse finanziarie a disposizione dei luoghi della cultura e delle istituzioni culturali. La legge, infatti, incentiva, attraverso il meccanismo del credito d’imposta, le erogazioni liberali da parte di privati per interventi di manutenzione, protezione e restauro di beni culturali pubblici, per il sostegno degli istituti e dei luoghi della cultura di appartenenza pubblica, delle fondazioni lirico-sinfoniche e dei teatri di tradizione e per la realizzazione di nuove strutture, il restauro e il potenziamento di quelle esistenti di enti o istituzioni pubbliche che, senza scopo di lucro, svolgono esclusivamente attività nello spettacolo.
© 2021 MiC - Pubblicato il 2020-10-27 22:29:21 / Ultimo aggiornamento 2020-10-27 22:29:21