
Alla Galleria Borghese prosegue per tutto il mese di febbraio l’iniziativa “Ci siete mancati” con gli approfondimenti sulla Danza campestre di Guido Reni
Testo del comunicato
Gli approfondimenti sul nuovo acquisto della Galleria Borghese, la Danza campestre di Guido Reni, hanno suscitato grande interesse e partecipazione da parte dei visitatori e il Museo ha deciso di estendere questa iniziativa a tutto il mese di febbraio.
L’appuntamento con la direttrice Francesca Cappelletti, in alternanza con uno storico dell’arte o restauratore del Museo, è tutti i giorni alle ore 12 nella sala XIX, dove il quadro è stato allestito per contestualizzare l’opera accostandola a quelle di artisti bolognesi, da Lanfranco a Domenichino a Viola, fondamentali per comprendere la fase di sperimentazione sul paesaggio come genere pittorico nei primi anni del Seicento.
La Danza campestre comparve sul mercato antiquario londinese nel 2008 e fu riferita ad un anonimo artista bolognese. Dopo le prime ipotesi attributive, fu riconosciuta la mano di Guido Reni, grazie anche all’individuazione del dipinto all’interno degli inventari e delle descrizioni della collezione di Scipione Borghese. Dopo la sua esposizione al TEFAF a marzo 2020 presso la galleria Fondantico, l’opera è stata acquistata dalla Galleria Borghese realizzando così il recupero eccezionale di un dipinto ritenuto a lungo disperso e il suo rientro definitivo in Italia.
La scena raffigura una festa campestre: un ballo, accompagnato dalla musica del liuto e della viola da braccio, organizzato da un gruppo di contadini, al quale assistono benevolmente alcune dame e signori del luogo. I personaggi sono seduti in cerchio, in una radura tra gli alberi accanto alla quale scorre un ruscello. Al centro, un giovane villano invita una dama ad aprire le danze. E lo sguardo scorre attraverso la varietà dei personaggi, ognuno ritratto in piccoli atteggiamenti di quotidianità. In un particolare del dipinto, su un cielo oscuro e nuvoloso, il pittore sembra voler dimostrare la propria abilità: due mosche si posano sulla superficie della tela, quasi a voler sollecitare l’osservatore a scacciarle con la mano.
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